SCICLI: GIUSTIZIA CHE NON FA CRONACA E CRONACA CHE NON FA GIUSTIZIA

Lettera aperta al senatore Pietro Grasso e al giornalista Sandro Ruotolo

Domenica 16 dicembre a Modica presenzierete alla presentazione di un libro del giornalista Paolo Borrometi. Accogliamo la notizia con grande piacere, perché la vostra partecipazione aiuterà a porre a livello nazionale il problema di una criminalità che sta diventando sempre più ubiquitaria e pericolosa.

E ci consente di fare luce, se lo vorrete, anche su una vicenda oscura, cui il giornalista Borrometi non perde occasione di accennare, dichiarando che per merito suo è stato sciolto per mafia il Consiglio Comunale di Scicli, volutamente ignorando le risultanze contrarie di due sentenze penali.

Quel decreto di scioglimento, proposto dall’allora ministro Alfano, il cui riferimento nel territorio era l’onorevole Minardo, della nota famiglia di petrolieri modicani (l’onorevole si pronunciò subito contrario o quanto meno contrariato dal provvedimento) si basa esclusivamente sul rinvio a giudizio dell’allora sindaco Susino per concorso esterno in associazione mafiosa. Susino, sosteneva l’accusa, aveva favorito alcuni malavitosi che – assunti come netturbini – spadroneggiavano all’interno della ditta che svolgeva in appalto il servizio di nettezza urbana. Nessun altro, né assessore, né consigliere, né funzionario comunale, è stato mai accusato di alcunché o sottoposto a qualche provvedimento amministrativo per contiguità con la mafia.

Orbene, il giudice di primo grado, assolvendo Susino, “perché il fatto non sussiste” e ritenendo che per ridare onore ad un uomo meritevole non era sufficiente una sentenza assolutoria, sia pure con formula piena, aggiunse tra l’altro:” E’ inaudito che l’accusa abbia superato il vaglio dell’udienza preliminare”. Parole – dicono gli addetti ai lavori – del tutto inusuali, di un giudice nei riguardi di un collega magistrato. Il fatto è che già in sede di udienza preliminare era emerso quanto poi determinò l’assoluzione.

Riassumiamo brevemente, attingendo ampiamente dalle risultanze processuali. I tre malavitosi, tra cui il Franco Mormina, ritenuto il capo cosca (di una “cosca locale”, precisava l’accusa, non trovando rapporti con altre organizzazioni criminali) erano stati assunti dalla ditta che aveva in appalto il servizio di Nettezza Urbana, durante la sindacatura precedente, in soprannumero rispetto al contratto, con un aggravio extracontrattuale per il Comune di oltre 150.000 euro annue.

Susino, appena eletto nel giugno 2012, si rese conto che qualcosa non funzionava nel servizio di N.U.; e sostituì il funzionario responsabile, affidando il servizio direttamente al massimo dirigente dell’ufficio tecnico, il quale non tardò a notare la mancata congruenza fra il contratto e la spesa per i tre nuovi assunti. Perciò, in accordo con il Sindaco, rifiutò di pagare quella somma aggiuntiva già per tutto il 2012. Ne seguì un lungo contenzioso con la ditta, che minacciava il licenziamento dei tre. Il Sindaco fu irremovibile e nel gennaio 2014 i tre netturbini furono effettivamente licenziati senza aver percepito alcun emolumento dalle casse comunali.

Ebbene, sei mesi dopo, nel luglio 2014, Il sindaco ricevette l’avviso di garanzia, con l’accusa di aver fatto assumere e favorito in ogni modo quei tre! E su tale base il 29 aprile 2015 si arrivò al decreto di scioglimento. E’ davvero incredibile come carabinieri, commissione prefettizia di accesso e magistratura non abbiano scoperto questi fatti, che a Scicli erano universalmente noti. Ed è altrettanto incredibile che non ne abbia tenuto conto il magistrato dell’udienza preliminare, come afferma perentoriamente il giudice di primo grado. Udienza che si tenne il 10 marzo 2015, dunque 50 giorni prima del decreto di uno scioglimento che non sarebbe stato sostenibile senza quella decisione di rinvio a giudizio.

Ma c’è di più. Quel processo si concluse con pesanti condanne per il Mormina e i suoi accoliti; ma il giudice non accolse, fornendo ampia argomentazione, l’accusa di associazione mafiosa per il Mormina e gli altri, derubricando ad associazione a delinquere ordinaria.

Orbene, l’accusa interpose appello sia contro l’assoluzione di Susino, sia contro la mancata accettazione dell’aggravante mafiosa. Ma alla prima udienza la Procura Generale ritirò l’appello contro Susino, smentendo clamorosamente il p.m. del primo grado. Così, nei riguardi di Susino la sentenza di primo grado divenne definitiva. Anche questo fatto, ovvero l’intervento della Procura generale a smentire il suo p.m., è certamente inconsueto.

Il processo di appello continuò contro il Mormina e gli altri; e si concluse con l’eliminazione anche dell’accusa di associazione a delinquere semplice: Il Mormina e gli altri rimasero condannati, ma fruirono pertanto della riduzione della pena. Oggi, inspiegabilmente, il Mormina è a piede libero, sembra per motivi di salute.

Nonostante tutto ciò, Borrometi continua a vantarsi di aver determinato il commissariamento per mafia del comune di Scicli. E volutamente ignora quei fatti e quelle sentenze, facendosi forte del giudizio del TAR e del Consiglio di Stato, che confermarono lo scioglimento.

Ma il TAR rifiutò di attendere la sentenza di primo grado, allora pendente presso il tribunale penale, come invano richiesto dai ricorrenti; e, rifiutando di entrare nel merito delle accuse, argomentò la propria sentenza affermando che il rinvio a giudizio del Sindaco era sufficiente a giustificare il provvedimento di scioglimento.

Il Consiglio di Stato si pronunciò nel periodo tra la sentenza di primo grado e l’inizio del processo di appello; e argomentò la sentenza con il dire che il TAR – di fronte al rinvio a giudizio del Sindaco – non avrebbe potuto decidere diversamente; e che comunque era in corso l’appello …

Fermo restando che nessuno vuole mettere in dubbio l’impegno civile del Borrometi, sarebbe opportuno che qualcuno gli facesse notare che riconoscere i propri errori può essere un titolo di merito.

Quanto al perché sia accaduto tutto ciò non ci permettiamo di avanzare ipotesi. Ci limitiamo a constatare un fatto: appena insediatisi i commissari prefettizi nel maggio 2015, il Comune di Scicli diede il via libera ad un impianto per il trattamento di 200.000 (duecentomila) tonnellate annue di rifiuti speciali, di cui 115.000 pericolosi, provenienti in gran parte dal settore petrolifero. Orbene, a quell’impianto la giunta Susino aveva detto “no”, come si era opposta alla realizzazione della Vega 2 nel nostro mare e alla ricerca petrolifera a tappeto nel nostro territorio. Non sarebbe giunto il momento che il giornalismo di inchiesta si occupasse di ciò che è realmente accaduto a Scicli?

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