Legambiente Scicli “Kiafura” – Il vento spazza le fossili anche a Ragusa. Un documento sulle pale eoliche nel mare di Scicli.

In Sicilia e anche a Ragusa il futuro rinnovabile passa dal vento, dalla costruzione dei parchi eolici a mare,  nel rispetto della tutela ambientale e paesaggistica, mettendo al centro la qualità dei progetti, il coinvolgimento dei territori e degli stakeholder interessati.

“Allarme hanno generato in alcuni, le richieste apparse in questi giorni sul sito della Guardia costiera di Pozzallo, di concessioni demaniali marittime per la realizzazione di impianti eolici off-shore lungo il tratto di costa tra Scicli e Pozzallo.  L’ultima richiesta, che desta maggiore discussione a Scicli e dintorni è, in ordine di presentazione, quella del progetto denominato “Scicli”, formato da 50 aerogeneratori di tipo floating per la produzione di energia elettrica dal vento di potenza pari a 750 MW” dichiara Alessia Gambuzza, presidente di Legambiente Scicli “Kiafura”

“La Sicilia, cosi come la Sardegna e le altre regioni baciate dal sole e dal vento, giocano un ruolo chiave in quella che è denominata transizione energetica, dalle fossili alle rinnovabili.

Legambiente tutta e così anche il Circolo “Kiafura” di Scicli, concordano che il parametro fondamentale e da applicare in questi casi riguarda la qualità dei progetti, ovvero la capacità di coniugare la produzione di energia con le peculiarità dei territori. Oggi c’è la possibilità di realizzare gli impianti eolici al meglio senza compromettere paesaggi o territori.

Relativamente all’impatto visivo e sul paesaggio, occorre osservare che dalla costa gli impianti eolici offshore hanno un impatto ridotto e decrescente con la distanza. Un impianto da 15 MW installato a 12 km avrebbe all’orizzonte dimensione di un centimetro o poco più.

Ma non è tutto qui. Diversamente da una piattaforma petrolifera, che come la Vega è un gigantesco ammasso metallico (della quale dalla costa percepiamo la sagoma nelle giornate con migliore visibilità), le pale eoliche sono elementi verticali di colore bianco e di ridotta larghezza. Elementi che riducono ulteriormente l’impatto visivo dell’intero impianto off-shore.

E a questo punto un quesito vogliamo porlo: qualcuno ha mai mosso un’osservazione per l’impatto sul paesaggio generato dalla piattaforma petrolifera Vega e dalle navi di appoggio? O ha mai riflettuto sui rischi ambientali che essa evoca nell’osservatore informato, a cominciare da quello di uno sversamento reso sempre più possibile dall’avanzare della vetustà dell’impianto? (volendo, in questa sede tralasciare tutti gli altri rischi ambientali).

Concludendo, secondo il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per Energia e Clima) dovranno essere installati 70 GW di rinnovabili in 8 anni (entro la fine del 2030), ovvero 9 GW l’anno di nuova capacità installata, fatta soprattutto di impianti fotovoltaici ed eolici, a terra e a mare. Lo scorso anno abbiamo realizzato impianti rinnovabili solo per 2 GW.

“Questa è la corsa da intraprendere  – conclude Alessia Gambuzza – per arrivare a quella transizione ecologica alla quale affidiamo il compito di salvare il Pianeta. Se uniamo questo dato sul fabbisogno energetico a quello della irrilevanza pratica dell’impatto visivo di pale eoliche in mare, otteniamo un punto di vista serenamente favorevole agli impianti eolici off-shore posti a considerevole distanza dalle nostre coste.

Oggi il mondo è in guerra per l’energia fossile, da questi impianti avremo energia pulita che non inquina e non genera guerre, causate anche dal gas importato per produrre elettricità o per riscaldare gli edifici. Oggi le fonti pulite possono contribuire a fermare tutto questo. E l’uso del vento è decisivo in questa direzione”.

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